La Comune, il Tempo… ma anche la Texprint

Parlavamo di lotta ottocentesca, combattuta contro il tempo del lavoro con i corpi, i falò, i corpi contro le merci nei blocchi ai cancelli, la forza poliziesca contro i corpi nei blocchi ai cancelli… sembra di parlare di mondine.La lotta alla texprint è ottocentesca nel valore che attribuisce al tempo: alla giornata di 12 ore, le notti dei picchetti, ormai da giorni, settimane, mesi. Niente di più incongruo con la politica del tweet l’arrancare concreto di una lotta di concreto logoramento. Una dimensione fatta di convulse accelerazioni e lentissima pause. Come la vita (perché la lotta è vera). Ed è questo tempo, lentamente e sempre più consapevolmente riconquiatato a costruire. Da quanto tempo non ci guardavamo davvero? Nel tempo della lotta, tempo contro il lavoro, riscosso a riconoscermi sotto le cinque mani di operaio sfruttato che mi hanno steso addosso.E vedo un altro aspetto del tempo, il tempo di organizzarmi, per rinominare e rinominato. Come un enorme gioco di cubi di legno colorati, posso dividere ciò che mi serve da ciò che mi nega. Vedo la bestialità del “la merce deve circolare, perché è libertà” e la leggo parola di spacciatore come un realtà è. La merce è la droga legale e fondante: il padrone ne è assuefatto ma, generosamente, lascia a me sopportare la crisi d’astinenza. La merce, perché innaturale, uccide: il lavoro salariato, perché innaturale, uccide anch’esso. Non solo negli “infortuni” ma per natura, nel suo normale scorrere. TicToc: in questo momento muore un lavoratore, qui a Prato o in Cina…Per questo i comunardi sparavano agli orologi: per questo la Texprint deve vincere. E proseguire una fabbrica più in là.

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