La mattina del rapimento eravamo in Jeep che attraversavamo la contea di Kilifi diretti verso lo Tsavo. A separarci da Chamaka, il villaggio in cui viveva Silvia Romano, solo il grande fiume che stavamo costeggiando. La zona, una delle più povere del globo, pullula di orfanotrofi, per i bambini che ci abitano il Covid in confronto a fame, malaria e malnutrizione è una barzelletta.
Silvia Romano era la per aiutare, a differenza dei tantissimi italiani che in Kenya non vanno per portare soccorso, ma per riempire le lussuose ville situate sulla costa che si stende da Malindi fino a Watamu, a meno di 80 chilometri da Chamaka.
La famiglia Agnelli ha un isola privata di fronte a Watamu, Flavio Briatore invece ha fatto spazzare via un intero villaggio per far posto ad un lussuoso resort di suo proprietà, sempre Briatore aveva in progetto di accaparrarsi un pezzo della spiaggia di Watamu, ma accantonato dopo le proteste della popolazione locale, sfociate in violenti scontri con la polizia, la quale sparò sulla folla uccidendo due persone.
Un’altra cosa che piace fare a gli italiani che vanno in Kenya, è affollare i locali notturni sulle spiagge. Ricchi ultrasettantenni in cerca di giovani ragazze del posto, a malapena maggiorenni, costrette a vendersi per pochi spiccioli. Molti dei quali saranno gli stessi che ora danno addosso a Silvia Romano, che dicono che se l’é cercata, che non dovevamo pagare un riscatto, che non si va in quei luoghi così pericolosi a portare aiuto.
Infatti è meglio tollerare e giustificare il neo colonialismo e il turismo sessuale di matrice italiana girandosi dall’altra parte. Tanto ognuno lo fa con i suoi di soldi, vero?.
Buffoni! Che capiti lo stesso a vostro figlio!
Insomma; conversione o meno, incinta o no, pagato o non pagato un riscatto, l’importante è che sia libera!
Bentornata Silvia!