Il libro presentato ieri sera, dall’ autore, presso il collettivo 13/r in via degli Alfani.
– “Se esiste un motivo per il quale ho scritto questo libro è quello di far conoscere i fatti veri, come sono andate le cose riguardo una vicenda così poco conosciuta nel nostro paese”. L’anno è quello del 50° anniversario di piazza Fontana, ma gli attentati, di cui parla l’autore di questo libro, importante in tutti i sensi, anche come editore (Laterza), Paolo Morando, giornalista, sono quelli del 25 aprile 1969.
Forse fu la prova generale di Piazza Fontana, come recita il sottotitolo di questo bel libro-inchiesta presentato questa sera al collettivo 13/r di Firenze, alla presenza di oltre una ventina di persone: “Prima di piazza Fontana”. Appunto.
La serata è stata introdotta da Maurizio Lampronti, che nel presentare il libro di Morando ha paragonato ciò che successe in quell’ epoca chiave per la nostra storia repubblicana, tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70. Anni importanti, ricordate ? L’uomo passeggia per la prima volta sulla luna, Jan Palach si dà fuoco in Cecoslovacchia e in Italia si cancellano le gabbie salariali. Ma per Maurizio iniziano a schiudersi anche delle “uova, ovviamente è una metafora, che erano state lasciate lì fin dalla fine della seconda guerra mondiale, dal 1945. Si schiude qualcosa lasciato a covare per anni in Italia, dai servizi segreti statunitensi e forse da quelli britannici. Il riferimento è evidente: quei legami e quelle alleanze instaurate all’indomani della II guerra mondiale, tra gli Stati Uniti e tanti ambigui figuri e organizzazioni presenti sul territorio italiano: dalle alleanze con la Mafia in Sicilia fino ad arrivare ai vertici del Sifar.
“Tutto questo – si continua nell’ introduzione – per dire che quella strategia, iniziata alla fine degli anni ’60 con piazza Fontana e continuata per tutti i ’70, si basava esclusivamente sull’anticomunismo e una lotta anti popolare”.
“Sono nato nel 1968 – dice l’autore – quindi avevo appena 1 anno quando è successa la strage del 12 dicembre o gli attentati del 25 aprile, tuttavia questa vicenda mi ha sempre appassionato, quasi un’ ossessione. Visto che la domanda è semplice: perché proprio mettere delle bombe in dei luoghi pubblici, su dei treni, in della piazze, in delle banche ? Perché in quelle date, sono casuali ? Sì o no ?” L’autore evidentemente pensa di no. “Il 25 aprile ci sono 2 attentati e si verificano alle 19 presso la Fiera campionaria, l’attuale Expo per intenderci, nel padiglione della Fiat, un’ora e mezzo dopo alla Stazione centrale, nell’ufficio cambi della Banca Nazionale delle Comunicazioni. La prima esplosione, in Fiera, provoca una ventina di feriti non gravi, perché l’ordigno era a basso potenziale. La seconda invece non provoca feriti per una fortunata casualità. : Per questi attentati e fino dagli anni ‘80 sono stati condannati in via definitiva Franco Freda e Giovanni Ventura, quest’ultimo morto a Buenos Aires nel 2010, libero e ricco gestore di un elegante ristorante alla moda in Capital Federal. Si tratta quindi di vicenda che, in 50 anni, non è mai stata raccontata, anche se, secondo l’autore e la logica, essa sia inestricabilmente connessa con la strage del 12 dicembre. Insomma, per Morando si tratta di una una prova generale dei neofascisti. Prove generali che si avvicendano su un palco terribile, dove solcano le scene gli attentati successivi fino a Piazza Fontana, ma pare sia la prova di una sorta di progetto di matrice antianarchica orchestrato da parte della polizia. In questa vicenda, tra l’altro, ricorda Morando, entrano anche i fatti di Battipaglia (una città della Campania di media importanza occupata dai manifestanti e con lo stato assente a lungo), ma soprattutto il fatto che il parlamento si sta preparando a discutere (il 28 aprile) l’eventualità del disarmo dei corpi di polizia durante le manifestazioni. Un’ ipotesi che potrebbe anche passare, visto che il Partito Socialista la voterebbe, così come quello comunista e la parte di Dc facente capo a Donat Cattin. Da qui la prova generale di una strategia tesa a destabilizzare per stabilizzare, che inizia 3 giorni prima del 28 aprile. Già la data scelta, il 25 aprile Festa della Liberazione, avrebbe dovuto dare da pensare. Infatti è una farsa: il 1° rapporto di polizia è datato appunto 25 aprile, siamo a meno di 3 ore dai 2 attentati, praticamente stanno ancora procedendo ai rilievi tecnici sui luoghi delle esplosioni e non vi è alcuna perizia, tuttavia nel rapporto c’è scritto che le bombe hanno comunque una matrice anarchica.
A processo, infatti, ci finiranno 4 giovani anarchici più altri 2 giovani che non lo erano, rispettivamente: Paolo Braschi, Angelo Della Savia, Paolo Faccioli, Tito Pulsinelli, Giuseppe Norscia e Clara Mazzanti. E qui la vicenda si fa ancora più intricata, difatti l’autore racconta come l’intero processo per gli attentati del 25 aprile 1969 sono una montatura, messa in piedi dal dirigente Allegra e da quel commissario Calabresi che diventerà, di li a breve, tristemente noto. Per la morte “accidentale” di Pinelli prima e per la sua stessa morte dopo. E sarà un magistrato, anch’egli scomparso prematuramente, un ennesimo eroe italiano ucciso dalla mafia, specchiato ma sconfitto, Antonino Scopelliti, che smonterà pezzo per pezzo l’intera inchiesta del duo Allegra – Calabresi, visto e considerato che l’inchiesta fa acqua da tutte le parti. La cosa che fa riflettere – conclude l’autore – è che molti dei personaggi di questa vicenda sono gli stessi della strage di piazza Fontana: da Nino Sottosanti, detto Nino il fascista, un tenace mussoliniano e forse il sosia di Valpreda, utilizzato per depositare l’ordigno nella Banca nazionale dell’ agricoltura, fino al commissario Calabresi e ad Allegra, che trattano gli indiziati con le stesse tecniche di sfinimento riservate a Pinelli poco tempo dopo. “Non a caso – chiosa Morando – raccontare nel dettaglio i tanti colpi di scena avvenuti nel processo è complicato”. Le irregolarità nelle verbalizzazioni sono infinite, però la vicenda più eclatante riguarda una “supertestimone”, tale Rosemma Zublena (figura raccontata persino dal film di Bellocchio “Sbatti il Mostro in prima pagina”) una professoressa di francese ultraquarantenne che è una mitomane, se non un agente provocatore. Accusa i giovani dopo averli conosciuti. Una seria di accuse e falsità platealmente smentite, proprio come in un film, durante il dibattimento.